I cacciatori delle grotte
- Scritto da C.S
- Published in Antropologia
Le pitture rupestri sono forse la più antica espressione di rappresentazione simbolica o arte nella storia dell'uomo: i primi esempi sono databili intorno a 40000 anni fa. Sono pitture realizzate nelle pareti di grotte o muri di pietra e le scene dominanti sono senza dubbio quelle di caccia, in cui l'uomo è presente spesso raffigurato nell'atto di studiare la preda, tendere l'arco e colpire l'animale che cade trafitto da un nugolo di frecce. Ma insieme alla caccia dei grandi animali, ci sono anche scene di raccolta, di agricoltura e pastorizia, e come piccoli eroi dai corpi stilizzati raccontano sulla roccia e per immagini la loro vita. Una scena è diversa dall'altra, un'emozione sussegue all'altra proponendo sempre qualcosa di nuovo ed estremamente realistico. Ma quale funzione avevano tali rappresentazioni, in particolare quelle della caccia? Non erano semplicemente espressioni spontanee di capacità artistiche ma venivano ad essere inquadrate all'interno di una sfera più complessa, quella del rito. Le immagini rappresentate non erano solamente registrazioni di fatti avvenuti ma svolgevano un ruolo magico-propiziatorio, servivano infatti per uccidere simbolicamente le prede e assicurarsi il successo dell'impresa venatoria. Gli uomini primitivi avevano imparato a conoscere le prede che cacciavano, i loro punti deboli, la loro forza, le loro abitudini, riportando ogni particolare sulla pietra, lo stesso animale prendeva vita e in ogni figura in cui veniva rappresentato era imprigionata la sua forza vitale e veniva così assoggettato all'uomo che l'aveva ritratto. Ancor prima dell'azione vera e propria e dell'abilità nel cacciarlo, tutto si concentrava intorno ad un'arcaica concezione animistica, secondo cui ogni cosa o figura o oggetto è animata da una forza interiore. Veniva ucciso simbolicamente o rappresentando frecce e lance nel suo corpo o scagliando contro la pittura delle armi fino a rovinarne l'immagine. I Masai, un popolo che vive tuttora negli altopiani tra Kenya e Tanzania, danzavano attorno “ad una figura di antilope disegnata per terra e poi la uccidono scagliandole addosso tante frecce, mirando i punti vitali”*. L'uomo aveva compreso o semplicemente intuito la potenza di ciò che lo circondava, aveva compreso che la sua stessa esistenza dipendeva dall'esistenza di questi animali e così la caccia, ancor prima che nella natura, avveniva nelle grotte.
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